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Psicologia e rapporto di coppia: l’amore tossico

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Scopriamo insieme cosa vuol dire “amore tossico” e quali sono le dinamiche che portano un rapporto di coppia a divenire patologico.

© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari

Quando un amore diventa tossico? Quando un rapporto di coppia si trasforma in un legame patologico?

In una situazione ottimale, ovvero all’interno di una relazione funzionale, ogni partner riesce a mantenere un equilibrio tra l’investimento di energie dedicate alla coppia e quelle dedicate a sé stessi.

In altre parole, una persona equilibrata conserva un suo spazio personale, indipendente dall’altro/a, e allo stesso tempo dedica tempo e attenzioni al proprio partner.

Questo non accade all’interno di un rapporto di coppia patologico: in questi casi assistiamo, da parte di almeno uno dei protagonisti, a un processo di idealizzazione e a un investimento esagerato di sentimenti, energie e aspirazioni che portano la persona a consumarsi nel tempo.

In questo modo la relazione, invece di diventare un luogo fisico ed emotivo nel quale poter fiorire, svilupparsi ed evolversi insieme, diventa fonte di sofferenza, regressione e fragilità, fino allo sviluppo, nei casi più gravi, di sintomi psichici e spesso fisici.

La dipendenza affettiva

Come mai, quindi, una persona che vive una relazione tossica non riesce a uscirne?

Nella maggior parte dei casi assistiamo allo sviluppo di una dipendenza affettiva, ovvero un dinamica psicopatologica che colpisce generalmente uno dei partner: partendo da un profondo vuoto emotivo – molto probabilmente legato a traumi dell’infanzia e al rapporto con i propri genitori – la persona ha la tendenza inconscia a volerlo colmare solo nutrendosi della presenza costante dell’altro/a, che viene visto come il “salvatore”, l’unico/a che può donarle felicità.

Questa pericolosa convinzione genera quindi una dipendenza: queste persone concentrano tutta la propria esistenza e le proprie energie attorno al partner, indebolendosi come individui fino al punto che non riescono più a concepire una vita da soli.

In sintesi: si preferisce una condizione di sofferenza ma avendo la sensazione di essere legati a un’altra persona.

Il primo passo per uscire da un amore tossico

In molti casi, purtroppo, si assiste al famoso “toccare il fondo”, ovvero raggiungere il limite più alto di sopportazione del malessere o assistere a un comportamento del proprio partner, talmente estremo e doloroso, da mettere in discussione la propria esistenza e le proprie scelte. In queste situazioni, la persona è come se si “risvegliasse”, decidendo di riprendere in mano la propria vita.

Ovviamente, non bisognerebbe arrivare a tanto, non è necessario soffrire a dismisura prima di poter cambiare.

Il primo passo è, senza dubbio, raggiungere la consapevolezza di ciò che sta accadendo. Nella maggior parte dei casi, la persona è sì consapevole della propria sofferenza ma il rapporto costi-benefici, ormai del tutto sfalsato dalla dipendenza affettiva, tende a farla restare nella relazione.

Il supporto di una persona esterna è quindi fondamentale: è necessario parlare e ascoltare altre persone che sappiano fornire un punto di vista diverso e, soprattutto, prove intangibili di quanto stia accadendo. Bisogna, in pratica, riuscire ad “aprire gli occhi”.

L’astinenza e il problema della recidiva

Purtroppo, anche se si riesce a fuggire da un amore patologico, il pericolo continua a essere presente. La persona non è in grado di stare sola: quando si chiude una storia tossica, spesso si viene colpiti da attacchi di ansia o di panico causati dall’astinenza dall’altro/a e, quindi, questo la spinge a ricercare l’ex partner pur riconoscendo che è sbagliato oppure iniziare immediatamente una nuova relazione.

La colpa è del partner?

In molti casi il rapporto di coppia si basa su di una diade disfunzionale, formata da due individui che, attraverso i loro difetti, si completano patologicamente.

Spesso si ha però la tendenza ad attribuire la colpa di un amore tossico esclusivamente all’altro partner, considerandolo una persona insensibile, poco attenta, anaffettiva, che se ne approfitta, che tende ad alimentare la dinamica della relazione patologica e le insicurezze di chi le è vicino.

Attenti però! Non bisogna mai cadere nella trappola della de-responsabilizzazione: anche se, effettivamente, il partner ha a sua volta numerosi difetti e colpe, non è cercandolo di cambiare che miglioreranno le cose, ma solo lavorando su sé stessi. Il processo di guarigione passa quindi attraverso la consapevolezza delle proprie debolezze e il rafforzamento di sé.

Il sostegno psicologico

Consultare uno psicologo-psicoterapeuta è assolutamente consigliato, sia per essere aiutati a uscire da una relazione disfunzionale sia per vivere al meglio la fase post relazione.

La psicoterapia ha l’obiettivo di aiutare la persona a superare la fase di astinenza, evitare la recidiva e, soprattutto, permetterle di elaborare il senso di vuoto, la sensazione di abbandono e aumentare l’autostima, portando finalmente il focus su sé stessi e non più su un altro individuo.

Se, dopo aver letto questo articolo, hai la sensazione di star vivendo alcune delle dinamiche sopradescritte, o se conosci qualche tuo amico o parente all’interno di una relazione tossica, parlane con qualcuno, magari con uno psicologo. Aprirsi è il primo passo per uscirne.

© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari

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