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Psicologia e Salute: la Cybercondria, quando il web contribuisce a farci ammalare.

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Scopriamo insieme cos’è la Cybercondria, una nuova forma di ipocondria, causata dalla ricerca eccessiva e compulsiva di informazioni mediche su internet.

© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo

È oramai oggettivo come questi quasi due anni di pandemia abbiano modificato i nostri comportamenti, il modo di percepire la salute e le nostre modalità di relazionarci agli altri.

Le misure di distanziamento, la paura del contagio, i continui controlli e monitoraggi, hanno inoltre provocato in molte persone la nascita di atteggiamento ipocondriaci, portandole ad attenzionare il proprio corpo in maniera eccessiva e percepire qualsiasi minimo cambiamento come un campanello d’allarme, con l’aggiunta di pensieri negativi e preoccupazioni annesse.

Ad aggravare la situazione contribuisce il web e la facilità con la quale possiamo accedere a qualsiasi genere di notizia, veritiera o meno che sia.

Se dunque ai comportamenti ipocondriaci aggiungiamo anche una contemporanea ricerca compulsiva di notizie sanitarie online, ecco che si rischia di generare un mix pericoloso, che provoca ulteriore ansia e malessere: la cybercondria.

Gli studi sull’argomento

Infatti, in un’indagine epidemiologica condotta in Italia nel 2019 dall’Eurostat, il 35% degli individui ha cercato informazioni mediche online e tale percentuale è aumentata fino al 46% nel corso del 2020.

Nel recentissimo studio italiano condotto da Vismara et al. (ottobre 2021), la cybercondria ha mostrato una maggiore espressione sintomatologica nelle donne, nei soggetti più giovani, negli studenti e nei pazienti con malattie fisiche o psichiatriche. Inoltre essa è correlata positivamente con l’ansia per la salute, l’ansia per il COVID-19, i sintomi ossessivo-compulsivi e l’uso problematico di Internet. Al contrario, l’elevata autostima e la buona qualità della vita sono risultati fattori protettivi.

Definizione di cybercondria

La cybercondria (neologismo ottenuto dalla fusione di “cyber” e “ipocondria”) è definita come la tendenza a ricercare online persistentemente informazioni mediche, che si associa a un progressivo incremento dei livelli di ansia relativi alla propria salute. Tale fenomeno non solo compromette la salute individuale ma anche quella pubblica, in quanto rischia di cambiare il rapporto con gli operatori sanitari, che si sentono in primis defraudati del loro ruolo e, secondariamente, hanno molta più difficoltà a comunicare con i pazienti i quali, in alcune situazioni, preferiscono fidarsi di ciò che leggono su “Google” piuttosto che di un parere specialistico.

Ma quali sono le principali cause di insorgenza della cybercondria?

  1. L’aumento della percezione della minaccia e della paura del Covid;
  2. La difficoltà nel tollerare l’incertezza, che porta alcune persone a ricercare in maniera compulsiva una qualsivoglia risposta, anche se sbagliata, ma che rassicuri in qualche modo le proprie ansie;
  3. La diminuzione della fiducia nelle istituzioni e nelle notizie dei canali “ufficiali” e la rispettiva crescita della fiducia verso altri canali quali i social network;
  4. La difficoltà nel far fronte al sovraccarico di informazioni e filtrare efficacemente quelle veritiere da quelle erronee; a causa di ciò si ha la tendenza a reputare veritiere le informazioni più attraenti, anche se sbagliate;
  5. La ricerca di rassicurazioni online; purtroppo il web non è stato progettato per fornire rassicurazione! Anzi, all’opposto. Molto spesso coloro che navigano sul web acquisiscono informazioni che aumentano il livello di allarme percepito e portano quindi le persone alla continua ricerca di altre informazioni, creando un circolo vizioso che alimenta la cybercondria.

Cosa fare per porre rimedio alla cybercondria?

Vivendo in un mondo oramai completamente digitale nel quale internet è una presenza costante nelle nostre vite, consigliare l’astinenza dalla rete risulterebbe davvero forzato e irrealizzabile.

È possibile però mettere in atto delle strategie utili, magari anche grazie all’aiuto di un professionista:

  1. Possiamo imparare a gestire l’incertezza, accettando in primis i limiti delle proprie conoscenze mediche e affidandoci agli esperti;
  2. Accettare il fatto che una parte delle informazioni sanitarie online non sia attendibile e quindi è molto rischioso fare ricerche se non si è in grado di discernere tra informazioni valide e non valide;
  3. Evitare i social media come unica o predominante fonte di informazioni sanitarie online;
  4. Applicare strategie di autocontrollo efficienti quando vengono utilizzati i social media (ad esempio, limitando la durata del loro utilizzo e il numero di link seguiti);
  5. Promuovere la capacità di valutare criticamente i risultati delle ricerche sanitarie online, confrontandole magari con altri siti che potrebbero dare gli stessi riscontri.

Nel caso tali strategie risultino insufficienti e l’ansia provocata dalle ricerche compulsive diventi ingestibile, allora è assolutamente consigliato rivolgersi a un professionista psicologo, che sappia comprendere e supportare la persona, aiutarla a uscire fuori da questo pericoloso circolo vizioso e farle riacquisire un giusto e sano rapporto con il proprio corpo.

© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo

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