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Cos’è l’inconscio?

Scopriamo insieme cos’è l’inconscio: la nostra mente più profonda. Come influenza le nostre scelte e i nostri pensieri?

© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari

Il concetto di “inconscio” è molto caro alla psicologia e si pone alla base di moltissimi studi e teorie inerenti alla scoperta del funzionamento della mente dell’essere umano.

Per inconscio possiamo indicare l’insieme di quelle attività mentali che non raggiungono la consapevolezza dell’individuo e la sfera razionale: pensieri profondi, emozioni, istinti, rappresentazioni, comportamenti abitudinari, ricordi, traumi e contenuti rimossi.

L’inconscio nell’antichità

Seppur senza riferendosi direttamente al concetto di inconscio, l’idea che nell’essere umano esistesse una conoscenza profonda e un sapere nascosto era diffusa già nell’antichità.

La cultura ellenica, infatti, ci parla dell’anima, intesa come la sfera più intima, nascosta e preziosa dell’individuo, a stretto contatto con il divino.

Non a caso, il termine psicologia deriva dal greco psyché (spirito, anima) e da logos (discorso, studio), quindi lo studio dello spirito o dell’anima.

Leibniz: il primo a teorizzare la presenza dell’inconscio

Il primo studioso a parlar apertamente di inconscio fu il filosofo tedesco Grottfried Leibniz, nel 17° secolo.

Leibniz ci parla delle infinite gradazioni di pensiero, da quello più confuso o inconscio a quello più chiaro e distinto. Inoltre, ispirandosi all’innatismo platonico della conoscenza, il filosofo afferma come dentro di noi esistano già delle idee latenti, o appunto inconsce, che l’esperienza può risvegliare ma non creare dal nulla.

In sintesi: la nostra percezione cosciente è il risultato di piccole percezioni inconsce e la nostra realtà si costruisce sulla base di conoscenze innate, quindi profonde.

Freud: l’inconscio secondo la psicoanalisi classica

Colui che rese il termine “inconscio” famoso come lo è oggi fu senza dubbio Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi.

Freud definisce l’inconscio come un insieme di processi, contenuti e impulsi che non affiorano alla coscienza del soggetto e, pertanto, non sono controllabili razionalmente.

Inoltre, nell’inconscio si troverebbero anche i contenuti psichici rimossi e gli istinti e/o desideri primordiali.

Freud illustrò le sue teorie utilizzando la metafora dell’iceberg:

Inoltre, Freud optò per un’ulteriore suddivisione:

Secondo Freud, in estrema sintesi, l’essere umano sarebbe costantemente condizionato dalla necessità di dover rispondere alle pulsioni inconsce (tra cui, soprattutto, quelle di natura sessuale) e che l’equilibrio mentale sarebbe assicurato solo attraverso la soddisfazione di queste pulsioni, attuata però in maniera moralmente e socialmente accettabile grazie all’intervento del Super-Io. La mancata soddisfazione di questi istinti porterebbe alla nascita di patologie psichiche.

Jung: l’inconscio collettivo

Carl Gustav Jung, uno dei più grandi allievi di Freud, ci parla di inconscio personale e inconscio collettivo.

Secondo Jung, infatti, esisterebbero dei contenuti psichici universali, preesistenti all’individuo e legati al complessivo patrimonio evolutivo della civiltà.

Uno dei più grandi contributi del medico svizzero fu infatti quello di introdurre il concetto degli archetipi, ovvero schemi psichici innati, trasmessi in maniera ereditaria e che si manifestano in ognuno di noi, ad esempio attraverso il mondo onirico.

Come l’inconscio influenza la nostra vita

Affermava Jung: “Rendi cosciente l’inconscio, oppure sarà lui a guidare la tua vita e tu lo chiamerai Destino”.

Quante volte ci sarà capitato di comportarci in maniera istintiva, di arrabbiarci senza motivo, scoppiare a piangere, fare sogni stranissimi, avere dei lapsus comunicativi e come questi molti altri esempi?

L’inconscio, essendo un bagaglio infinito di informazioni profonde, interagisce costantemente con la mente logica. Lasciare che questo processo avvenga in maniera automatica, senza alcuna nostra gestione, rischia di essere una bella scommessa: potrebbe, infatti, sì capitare di avere idee brillanti, prendere iniziative magnifiche, lasciandosi trasportare dall’entusiasmo e dall’istinto; allo stesso modo, però, potremmo anche cedere a paure, blocchi, pulsioni aggressive e/o violente o compiere scelte sbagliate.

Conoscersi a fondo, conoscere la natura delle nostre emozioni e mettere in luce alcuni nostri automatismi, è il primo passo per evitare che siano i nostri meccanismi istintuali a guidare la nostra vita.

L’inconscio in psicoterapia

La psicoterapia, per essere efficace al 100%, necessita che il paziente lavori a stretto contatto con il proprio inconscio. Ma cosa vuol dire questo nella pratica?

L’inconscio racchiude in sé molte informazioni preziose, importantissime per raggiungere al meglio l’obiettivo terapeutico.

In presenza di traumi, ad esempio, nella mente inconscia possiamo trovare immagini, sensazioni, emozioni rimosse o bloccate, che impattano negativamente sulla vita di una persona. Svelare tutti questi contenuti e rielaborarli, è infatti necessario per la risoluzione del trauma stesso.

Non solo: lavorare a contatto con l’inconscio è utile per apportare dei cambiamenti duraturi, i quali, se avvengono a livello profondo, mettono più facilmente radici e saranno quindi più facilmente raggiungibili.

Idealmente, un percorso terapeutico ha inoltre come macro-obiettivo quello di aiutare il paziente a strutturare una funzionale integrazione tra mente logica e mente inconscia: ovvero, rendere l’inconscio un amico e un alleato e imparare a gestire le pulsioni e gli istinti che da esso derivano.

Gli psicoterapeuti, a seconda del loro modello di riferimento, utilizzano varie tecniche e strumenti utili per poter contattare la mente profonda del paziente.

Tra i tanti metodi, quello che ritengo più efficace è l’Ipnosi clinica Ericksoniana.

© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari

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