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Psicologia e Autostima: cos’è e come fare ad aumentarla

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Scopriamo insieme cos’è l’autostima e quali consigli darebbe uno psicologo per aumentarla.

“Autostima” è un termine che, ultimamente, va molto di moda sia nel mondo della psicologia sia nel chiacchierato comune. Come è naturale intuire, la parola deriva da “stima”, ovvero “dare valore”. L’autostima, quindi, può essere definita come l’apprezzamento, l’approvazione, la percezione positiva o negativa di sé stessi.

L’autostima inizia a svilupparsi già durante i primi mesi di vita, influenzata dal legame che il bambino crea in primis con la madre, e in seguito con le altre figure di riferimento. Esperienze di rifiuto, carenza affettiva, trascuratezza, possono infatti essere cause di una bassa autostima nella futura età adulta.

Molti la considerano come un dato immutabile personale: spesso infatti sentiamo dire, o diciamo a noi stessi: “ho bassa autostima”, “soffro di bassa autostima”, oppure “ho una buona autostima”.

Essa, al contrario, non è una caratteristica rigida e fissa, bensì va intesa come un “sentire”, una “percezione” soggetta a mutazioni, evoluzioni costanti, cambiamenti ma è soprattutto “allenabile”, per poterla accrescere e sviluppare.

Vediamo insieme quali dinamiche contribuiscono, nel bene e nel male, alla crescita della nostra autostima.

Primo assunto: autostima e risultati ottenuti

Una prima definizione, da un punto di vista psicologico, del concetto di autostima si deve a William James, il quale la concepisce come “il risultato scaturente dal confronto tra i successi che l’individuo ottiene realmente e le aspettative in merito ad essi”.

Cosa vuol dire nella pratica? Ognuno di noi si pone determinati obiettivi da raggiungere, che siano essi legati al lavoro, alla coppia, allo sport, o semplicemente e genericamente al vivere quotidiano. Ogni proposito prefissato crea in noi un’aspettativa, ovvero la prefigurazione mentale di un successo. Il raggiungimento o meno di quel traguardo, quindi, contribuisce positivamente o negativamente alla qualità della nostra autostima.

Secondo assunto: autostima come riflesso di noi negli altri

Cooley e Mead definiscono l’autostima come un prodotto che scaturisce dalle interazioni con gli altri, che si crea durante il corso della vita come una valutazione riflessa di ciò che le altre persone pensano di noi.

Nella pratica, ognuno di noi, consapevolmente o inconsciamente, attua dei paragoni costanti tra sé e gli altri e viene influenzato dal modo in cui viene giudicato e dagli standard spesso imposti dalla società, quali lo status, il lavoro, l’aspetto fisico. In sintesi: l’autostima può essere intesa come uno “specchio sociale”, il modo in cui una persona si riflette nella società in cui vive.

Terzo assunto: sé reale e sé ideale

Ogni individuo, durante il proprio processo di crescita e grazie alle proprie esperienze, costruisce mentalmente un sé reale e un sé ideale. Il primo è inteso come una visione oggettiva delle proprie abilità, risorse, capacità, ovvero corrisponde a ciò che egli realmente é. Il secondo corrisponde a come l’individuo vorrebbe essere, a quale ideale di sé ambisce. L’autostima, quindi, può essere definita come la differenza e il confronto tra i nostri dati di realtà e la nostra idealizzazione. Maggiore sarà la discrepanza tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere, minore sarà la fiducia in sé, e viceversa.

I principali nemici dell’autostima

Vediamo ora insieme quali sono le principali dinamiche mentali, antagoniste della stima in noi stessi.

Arbitrarietà e interpretazione: dare valore a sé stessi senza avvalersi di dati reali od oggettivi, bensì basandosi esclusivamente sui propri processi mentali arbitrari, alimentando quindi un circolo vizioso di svalutazione;

Astrazione: porre l’attenzione su di un piccolo particolare negativo, rendendolo l’emblema di una situazione e ignorando tutti gli aspetti neutri o positivi della stessa;

Generalizzazione: considerare un singolo avvenimento negativo, accaduto una o rare volte, ed estenderlo a tutti gli eventi simili, creando anche proiezioni disastrose sul futuro;

Massimizzare: dare eccessivo valore a un singolo fattore negativo, massimizzandone gli effetti e immaginandone le conseguenze peggiori;

Minimizzare: dare pochissimo valore ai fattori positivi;

Senso di colpa: sentirsi eccessivamente, a volte immotivatamente, colpevoli per un determinato accadimento;

Visione della vita in bianco e nero: percepire la realtà o sé stessi in maniera dicotomica, ovvero in termini di “giusto o sbagliato”, “vero o falso”, “colpa o non colpa”, “bravo o cattivo”, “successo o fallimento”.

Come aumentare la propria autostima?

Affermava Albert Einstein: “ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido”.

Il primo passo da fare è riconoscere i propri limiti, le proprie aree di miglioramento e le risorse che si hanno a disposizione.

È necessario, quindi, riformulare la concezione del proprio sé ideale sulla base di dati oggettivi e concreti. Partendo da uno stato presente tangibile, e di conseguenza misurabile e valutabile, sarà poi possibile allenarsi per aumentare le proprie capacità e prefigurarsi obiettivi raggiungibili, alla nostra portata.

Il secondo passo è, senza dubbio, soppesare il giudizio esterno e selezionare quali siano le fonti autorevoli che abbiano il nostro esplicito permesso a metterci in discussione. Distinguere, quindi, le persone o le influenze esterne che sono degne di ammirazione da quelle che, al contrario, sono semplici standard autoimposti dalla società (ad esempio i social network) e l’insieme di banali giudizi precostituiti.

Il terzo passo è imparare a dare valore a sé stessi, indipendentemente dai successi e dagli obiettivi raggiunti. “Noi siamo ciò che siamo, non ciò che otteniamo”.

Il quarto passo, non ultimo per importanza anzi, probabilmente il più rilevante, è fare introspezione, da soli o con l’aiuto di un professionista, così da comprendere se persistono delle dinamiche interne svalutanti, magari frutto di traumi, esperienze passate, rapporto con i genitori, che oggi minano la nostra autostima e non le permettono di librarsi in volo.

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