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La profezia che si autoavvera

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Scopriamo insieme come una persona possa, inconsciamente, alterare il futuro grazie alle proprie convinzioni.

Sapevo che sarebbe andata così“, “lo avevo detto io…“, “non poteva finire diversamente!“, “è destino! Cosa posso farci?“.

Quante di queste frasi, e molte altre simili, ascoltiamo ogni giorno da persone che conosciamo o siamo noi stessi a pronunciarle e a pensarle?

In psicologia esiste un fenomeno mentale che viene chiamato “profezia che si autoavvera“, ovvero una previsione che tende a realizzarsi per il solo fatto di essere stata espressa, creando un rapporto circolare tra la previsione stessa e l’evento: la previsione genera l’evento e l’evento conferma la previsione!

Cosa accade nella nostra mente?

Molto spesso, quando un individuo si convince fortemente che qualcosa avverrà e dovrà verificarsi, altererà inconsciamente i suoi comportamenti in modo tale da finire per causare tali eventi predetti.

Facciamo un esempio: se mi convinco che un esame o un colloquio di lavoro andrà male, inconsapevolmente metterò in atto un insieme di atteggiamenti e azioni che confermeranno la mia predizione. Ansia, preoccupazioni, perdita di memoria, agitazione, pensieri negativi costanti, saranno quindi una logica conseguenza della mia previsione e porteranno alla conclusione predetta: il fallimento.

La profezia altera quindi i miei comportamenti e il fallimento conferma la profezia, generando un circolo vizioso che si autoalimenta.

Gli studi di Rosenthal

Tra i ricercatori più famosi che hanno studiato la “profezia che si autoavvera” è d’obbligo citare Robert Rosenthal, il quale, negli anni sessanta, condusse un esperimento nell’ambito della psicologia sociale.

Rosenthal sottopose un gruppo di alunni di una scuola elementare californiana a un test di intelligenza, selezionando, arbitrariamente e in modo casuale senza rispettare l’esito e la graduatoria del test, un numero ristretto di bambini e informando gli insegnanti che si trattava di alunni molto intelligenti.

Il ricercatore, dopo un anno, ripassò nella scuola e verificò che i suoi selezionati, seppur scelti casualmente, avevano confermato in pieno le sue previsioni migliorando notevolmente il proprio rendimento scolastico fino a divenire i migliori della classe. Perché accadde questo? Poiché gli insegnanti, convintisi che quei bambini fossero i più intelligenti e quindi i migliori, cambiarono atteggiamento nei loro confronti, motivandoli maggiornamente, premiandoli, stimolando in loro maggiore passione e interesse e avendo su di essi un’influenza sicuramente più positiva.

La profezia di Rosenthal, assolutamente falsa e basata sulla casualità, aveva però creato risultati reali, per l’appunto “autoavverandosi”.

L’effetto Pigmalione

La “profezia che si autovvera” è conosciuta anche come “effetto Pigmalione”, ispirandosi al mito greco di Ovidio, che narra di un scultore di nome Pigmalione che aveva creato una bellissima statua raffigurante la dea Afrodite. Con il passare dei giorni, l’uomo si innamora follemente della statua, tanto da dormire addirittura sotto di essa, nella speranza che potesse un giorno prendere vita. Talmente vivido e sincero era il suo amore, che la dea decise di acconsentire al suo desiderio e animò la statua.

La convinzione ferma e costante di Pigmalione aveva quindi trasformato il suo desiderio in realtà!

Profezia che si “autoavvera”: un’arma a doppio taglio!

Tutti noi, nel bene e nel male, ci prefiguriamo nella mente delle aspettative e dei risultati, cercando, anche se in maniera vaga e non ben definita, di prefigurarci il futuro. Questa nostra capacità mentale, propria degli esseri umani, se utilizzata in maniera efficace può contribuire in maniera molto positiva alla qualità della vita.

Pensare fortemente che qualcosa andrà bene genera quindi in noi un’aspettativa: i nostri pensieri formulano una profezia, la quale grazie ai nostri atteggiamenti e comportamenti, consci e inconsci, tenderà ad avverarsi. Il risultato ottenuto, quindi, confermerà la convinzione che possiamo davvero farcela, dando vita a un circolo virtuoso.

Ovviamente, questa dinamica agisce anche in maniera controproducente, nel caso le nostre aspettative siano negative: la nostra massima attenzione va quindi focalizzata su tutte quelle volte che ci siamo “autosabotati”, trasformando in realtà una nostra costante preoccupazione, evento che magari non si sarebbe verificato senza il nostro contributo inconsapevole.

Facciamo un altro esempio: se una persona è saldamente convinta che il suo rapporto di coppia presto finirà, inizierà a porre l’attenzione esclusivamente a tutti quei dettagli che confermeranno tale convinzione, mettendo in atto una serie di comportamenti come se il suo rapporto fosse già finito, generando una serie di liti e discussioni che altro non faranno che condurre al termine la sua relazione e quindi confermare la profezia.

Cosa fare?

Se abbiamo la sensazione che, effettivamente, stiamo vivendo in un circolo di profezie “autoavveranti” negative, dobbiamo assolutamente trovare il modo di uscirne.

Il primo passo è, quindi, la consapevolezza: essere consapevoli di questo “autosabotaggio inconscio” e iniziare a riflettere sulle alternative.

Il secondo passo è indubbiamente modificare la qualità dei nostri pensieri, una dinamica non sempre facile in quanto la nostra mente, generandoli costantemente ed essendo abituata negli anni a crearne di negativi, continuerà quindi a produrli a meno che non ci si alleni o si inizi un percorso di cambiamento.

Il terzo passo, ma non meno importante, è quello di focalizzare l’attenzione sui nostri risultati e sulle differenze. Quanto il nostro atteggiamento influenza effettivamente ciò che otteniamo? Quell’esame universitario è andato male perché effettivamente non ho studiato, perché il professore è stato s***** oppure perché quel giorno ero tutto fuorché propositivo e motivato al successo?

Domande mirate che meritano risposte esaustive, con l’obiettivo di comprendere appieno il funzionamento della nostra mente.

Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Psicoterapeuta Bari

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