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Psicologia e Cinema: Tutto chiede Salvezza

“Tutto chiede salvezza” è la serie tv Netflix che ci catapulta nel mondo della salute mentale, nel reparto dei pazienti con TSO. Scopriamola insieme.

© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari

Tutto chiede salvezza è una nuova serie tv Netflix italiana, basata sull’omonimo romanzo di Daniele Mencarelli, vincitore nel 2020 del Premio Strega Giovani.

La storia è autobiografica: lo scrittore, infatti, racconta la propria esperienza in un reparto di psichiatria, a seguito di un ricovero di una settimana con TSO (trattamento sanitario obbligatorio).

Cos’è il TSO?

Per TSO si intende il trattamento sanitario obbligatorio, e consiste in una serie di interventi sanitari che possono essere applicati in caso di motivata necessità e urgenza e qualora sussista il rifiuto da parte del soggetto che deve ricevere assistenza.

I TSO sono spesso eseguiti in ambito psichiatrico, ma possono essere disposti per qualsiasi causa sanitaria, come ad esempio le malattie infettive, nelle quali il rifiuto del soggetto alle cure potrebbe rappresentare una minaccia per la salute pubblica.

Per applicare un TSO è necessario che ci sia un provvedimento del sindaco, dietro proposta di due medici della ASL di competenza.

Il soggetto viene successivamente prelevato dalle forze dell’ordine e dal personale sanitario e accompagnato presso la struttura ospedaliera.

La storia di Daniele

Daniele è un ragazzo di 20 anni, proveniente da una buona famiglia romana e terzo di tre fratelli, considerato il “cocco” dei genitori. La famiglia lo ha sempre amato e supportato ma, nonostante questo, vive sulla propria pelle il peso del mondo, è perennemente insoddisfatto, non ha un obiettivo nella vita, svolge un lavoro che non gli piace, ha frequenti e incontrollati episodi di rabbia.

Una sera, a seguito dell’assunzione di cocaina e dopo aver scoperto che un suo vecchio amico d’infanzia è divenuto disabile a causa di un incidente d’auto, vive una crisi psicotica che lo porta a spintonare i propri genitori, ferendo il padre, e urlare tutto il suo malessere contro il mondo.

A causa di ciò, viene quindi ricoverato con TSO e costretto a una settimana di cure psichiatriche.

I compagni di stanza di Daniele

Nella struttura ospedaliera in cui Daniele viene ricoverato si troverà a fare i conti con le proprie problematiche psicologiche e farà anche conoscenza degli altri pazienti del reparto, con gli infermieri e con i medici.

La serie tv ha il merito di aver messo ottimamente in luce i disagi psichiatrici dei suo compagni di stanza, anch’essi con TSO.

Gianluca, giovane ventenne omosessuale e che soffre di disturbo bipolare, escluso dalla famiglia d’origine a causa del suo orientamento sessuale. Il padre, generale dell’esercito, rappresenta simbolicamente la rigidità che, ancora oggi, esiste in molte famiglie italiane, le quali rifiutano l’idea di un figlio che non segua gli “standard”.

Giorgio, omaccione buono con ritardo mentale e che soffre di un non precisato disturbo schizofrenico, rivive costantemente il lutto della madre, rievocando costantemente quell’esperienza traumatica.

Mario, professore in pensione, grande cultore della poesia italiana, rivive ogni notte attraverso degli incubi il tentativo di omicidio della moglie Angelica.

Madonnina, soprannome di un ragazzo che prega la Madonna in maniera compulsiva senza apparente motivo, rappresenta la figura di tutti coloro che, pur vivendo un grave disagio psichiatrico, nascondono una profonda dolcezza ed empatia verso il prossimo, anche se espressa solo attraverso i gesti.

Abbiamo Alessandro, un ragazzo in un persistente stato di catalessi, il cui padre, che lo va a trovare giornalmente, simboleggia l’incredulità dei genitori, spesso impotenti di fronte a tali tragedie.

Infine c’è Nina che, pur non facendo parte dei compagni di stanza di Daniele ma appartenendo al reparto femminile, svolge un ruolo importante nella storia: è una giovane ragazza famosa, attrice, influencer, che ha tentato il suicidio, a causa dell’enorme peso della fama ottenuta sulle spalle e di una carriera nel cinema non voluta da lei ma dalla madre.

La crisi psicotica è solo un sintomo, non la causa

Qualsiasi sia il disturbo psichiatrico vissuto dai protagonisti, è importante sottolineare come la serie abbia avuto il merito di saper comunicare allo spettatore un importante concetto: non è il disturbo in sé il problema fondamentale ma le cause che lo hanno creato e che continuano a mantenerlo vivo.

La crisi psicotica di Daniele, ad esempio, è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, la punta dell’iceberg di un malessere profondo e mai espresso da anni.

Non solo: in una società che, ancora oggi, delinea una netta linea tra “normali” e “pazzi”, tra “buoni” e “cattivi”, questi sintomi vengono ancor più evidenziati, correndo il rischio di bollare queste persone come sbagliate e quindi ghettizzate.

La critica alla sanità pubblica

Durante la serie non manca una netta critica alla sanità pubblica: le strutture ospedaliere sono fatiscenti, con finestre rotte, mancanza di aria condizionata, mancanza di fondi economici, poco personale sanitario costretto a fare turni di straordinario o impossibilitato a controllare tutto ciò che accade.

Inoltre, ottima la disamina effettuata anche su medici e infermieri, anche loro esseri umani, con le loro fragilità e punti di forza.

I medici, ad esempio, lottano contro un sistema che dà loro pochissimi strumenti per poter seguire adeguatamente decine di pazienti ogni giorno ed è ben delineata anche la differenza tra i medici pressappochisti (rappresentati nella serie dal primario della struttura che non degna di uno sguardo alcun paziente) e medici che mettono il cuore in ciò che fanno (come il dott. Mancino).

Gli infermieri, nel loro piccolo anche se con metodi un po’ rudi, cercano di supportare e dare consigli agli assistiti, pur manifestando una marcata arrendevolezza e consapevolezza che tanto non cambierà mai niente.

Cosa ci insegna la serie?

Viviamo in un mondo che ci vuole infallibili, perfetti, che ci invita a seguire un percorso predefinito, a soddisfare le aspettative familiari o della società di appartenenza.

Ognuno di noi deve salvarsi da tutto ciò! Questo insegna la serie: salviamoci da questi schemi preconfezionati, troviamo la nostra strada, il nostro benessere.

La società talvolta fatica a comprendere e tende a stigmatizzare e ad appesantire ulteriormente i protagonisti delle storie di ricovero psichiatrico. È in questo panorama che la terapia invece può essere il luogo in cui tutte le persone sono libere di depositare un po’ di dolore, con l’obiettivo di bonificare i profondi legami familiari. 

I sintomi psicologici o psichiatrici molto spesso sono infatti il manifesto di un inconscio ferito, di una mission di vita ignorata.

Il termine salvezza indica anche l’opportunità di farsi aiutare, di affidarsi, accettare e condividere, ma anche il poter essere di aiuto per altri imparando dai propri errori.

© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo

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