Site icon Marco Magliozzi – Psicologo Bari

WhatsApp e la cultura del sospetto

L’avvento di WhatsApp ha scatenato in moltissime persone atteggiamenti di sospetto e sfiducia verso gli altri. Come mai?

© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari

WhatsApp, famosissima app di messaggistica, la più utilizzata a livello mondiale, ha drasticamente modificato il nostro modo di comunicare con il prossimo: siamo più veloci, smart, digitali!

Non solo: pian piano, stiamo perdendo l’abitudine della “classica” telefonata, preferendo magari un messaggio rapido, un vocale o un breve video.

Un bene? Un male? Chi può dirlo.

La cultura del sospetto

Spunta grigia singola, doppia spunta grigia, doppia spunta blu: ormai il mittente può sapere in tempo reale cosa accade al messaggio inviato e se esso viene ricevuto, conoscendo anche l’ora esatta dell’ultimo accesso del destinatario e se lo stesso sia online oppure no.

Tutto ciò, ahimè, ha generato nel tempo una cultura del sospetto e peggiorato, purtroppo, già presenti condizioni di bassa autostima e/o di sfiducia verso il prossimo. Come mai?

Facciamo un esempio: se dovessi scrivere “Ti amo” al mio partner e quest’ultimo dovesse visualizzare (doppia spunta blu) senza però rispondere, cosa accadrebbe?

“Oddio, vuol dire che non mi ama!”, “ha letto, ma non mi risponde. Vuol dire che è con un altro/a!”, “gli/le ho scritto un messaggio romantico ma non si degna di rispondermi”, “non ha mai tempo per me!” e altri pensieri simili potrebbero affollare le nostre menti.

Come mai, dunque, si attivano la paura e il sospetto?

La pretesa della risposta

WhatsApp ha creato in tutti noi, in chi più e chi meno, la pretesa della risposta.

Se io ti scrivo, tu devi rispondermi. E se visualizzi, sei ancor di più costretto a rispondermi subito!

La doppia spunta blu, dunque, altro non fa che facilitare questa cultura della pretesa e del sospetto, ma non solo: dalla risposta dell’interlocutore dipende il mio umore! Se l’altro/a non mi risponde, io sto male, vado in ansia, mi preoccupo.

Di conseguenza, pur di zittire le mie paure, pretendo una risposta immediata. Un atteggiamento inconsciamente egoistico, che di certo non fa bene ai due interlocutori.

Dalla parte del ricevente

Mettiamoci invece, per un attimo, nei panni del ricevente. Chi dovesse ricevere un messaggio con scritto “Ti amo”, come potrebbe reagire?

Sarebbe bello poter affermare che questa persona abbia tutto il diritto di godersi il momento, semplicemente pensando “che bello, mi ha scritto Ti amo”, vivendosi quindi l’emozione e il sentimento scaturito da questa frase.

Invece no! Ci si sente obbligati a rispondere, “ormai il mio partner sa che l’ho letto e se non rispondo chissà cosa potrebbe pensare!”.

Ed ecco che, quindi, la maggior parte delle volte siamo portati a rispondere immediatamente, anche se non è ciò che vorremmo fare. La nostra risposta, inoltre, non sarà spontanea, libera, sincera, ma sarà frutto di una pretesa dell’altro.

Ma cosa rispondo? Se invio una semplice emoticon, il mio partner potrebbe pensare che sto sminuendo il suo sentimento, se invece temporeggio, peggio ancora, vuol dire che ci sto pensando troppo e quindi non lo/a amo quanto lui/lei.

Siamo quindi costretti a rispondere esattamente ciò che l’altro/a ci ha scritto, o qualcosa di simile, pur di soddisfare i bisogni del mittente e non di certo connettendoci ai nostri.

WhatsApp e l’ansia

WhatsApp, purtroppo, a causa delle sue modalità di funzionamento, rischia anche di alimentare l’ansia in alcune persone.

Invio un messaggio, ho la conferma che è stato ricevuto, ma l’altro non mi risponde.

“Non sono stato abbastanza chiaro? Non sono stato abbastanza simpatico? Forse avrei dovuto inserire anche una emoticon? Forse ho urtato la sua sensibilità o, peggio ancora, se non mi risponde vuol dire che l’ho infastidito!”.

Tutto ciò, altro non fa che generare ansia e rafforzare il collegamento, di certo poco sano, tra la nostra autostima e le risposte delle altre persone.

Come uscire da questa spirale

Per uscire da questa spirale è necessario, prima di tutto, fare un lavoro con sé stessi, convincendosi che il proprio umore, il proprio benessere e la propria autostima non dipendono dalle conferme che riceviamo dal prossimo, tantomeno da una doppia spunta blu di una app di messaggistica!

Siamo liberissimi di scrivere ciò che desideriamo a una persona ma quest’ultima è altrettanto libera di leggere il messaggio quando lo riterrà opportuno e di risponderci come e quando preferisce.

Disconnettiamoci, dunque, da questo circolo vizioso di sospetti e di sfiducia. Se abbiamo un dubbio, poniamo una domanda, invece di interpretare.

“Ho visto che hai letto il messaggio, non hai risposto. Tutto bene?” potrebbe già essere una valida alternativa.

In aggiunta, se desideriamo comunicare qualcosa di importante, prediligiamo la “classica” telefonata o, se possibile, meglio ancora farlo di persona!

Tra due partner, o anche tra amici, è giusto inoltre che ci siano delle sane regole non scritte: la qualità del rapporto NON dipende dalle spunte di WhatsApp. Se non rispondo, non vuol dire che non ti considero come persona o che non ti voglio bene/ti amo. Semplicemente sono impegnato, non ho voglia in questo preciso momento, ho bisogno di riflettere sulla risposta.

In un mondo digitale, nel quale tutto è diventato più veloce e immediato, sarebbe bello rallentare un po’ e godersi il momento, anche prendendosi il giusto tempo per inviare/leggere un messaggio senza pretesa alcuna.

Un po’ come nei secoli passati: spedire una lettera all’amato/a lontano e attendere fiduciosi la risposta sincera.

© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari

Nell’ottica di una sana ed etica diffusione della cultura, si invita a citare la fonte e l’autore di questo articolo nel caso si desideri condividere – in tutto o in parte – il contenuto.

Exit mobile version