Analisi psicologica di FREUD, serie tv Netflix
“L’umanità ha sempre barattato un po’ di felicità per un po’ di sicurezza”. Sigmund Freud
Sigmund Freud è stato il primo autore che ho avuto il piacere di conoscere all’inizio della mia carriera universitaria, quando ero ancora un giovane studente di psicologia all’Università Federico II di Napoli. Uno dei miei ricordi più vividi fu quello della docente di “psicologia dinamica” che ci fece studiare tutte le teorie della psicoanalisi direttamente dai testi originali scritti da Freud, e non da manuali o libri accademici redatti dopo la sua morte.
Il mio imprinting nei confronti del fantastico mondo della psicologia ha quindi avuto inizio così: Io, Super-Io, Es, interpretazione dei sogni, ipnosi, fasi dello sviluppo psicosessuale e così via, furono i miei primi compagni di viaggio.
Proprio qualche giorno fa ho terminato di vedere “Freud”, una serie di Netflix che mi ha riportato, per qualche attimo, indietro nel tempo, quando appunto ero ancora un giovane uomo che si approcciava per la prima volta all’università, alla psicologia e nello specifico alla psicoanalisi. Un ragazzo voglioso di sperimentare, che cercava conferma di tutto ciò che imparava in se stesso o nelle persone che lo circondavano e che iniziava a guardare il mondo con occhi diversi, percependo che la realtà delle cose era molto diversa dall’apparenza.
Superfluo sottolineare come Freud sia stato, per me come per (quasi) tutti gli psicologi, un maestro di vita. Posso affermare con assoluta certezza che lo studio della sua vita e delle sue teorie ha gettato le basi per il professionista che sono oggi, permettendomi di comprendere come la mente umana non sia solo un organo fisico bensì abbia delle componenti psichiche, emotive e profonde, come ad esempio l’inconscio.
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