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Perché non riusciamo a raggiungere i nostri obiettivi? La soluzione in 5 step

Marzo 25, 2019 By Marco Magliozzi

Perché non riusciamo a raggiungere i nostri obiettivi?

Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare

Seneca

La stesura di questo nuovo articolo nasce da una riflessione: come mai molte persone non riescono a raggiungere i loro obiettivi nonostante i numerosi (e sicuramente stancanti) sforzi?

Che l’obiettivo sia di lavoro, sentimentale, sportivo, legato a un hobby in particolare o che riguarda la famiglia non ha importanza.

Ci sono volte in cui raggiungere un traguardo sembra una missione impossibile.

Si arriva quasi alla meta, manca pochissimo, eppure una forza misteriosa ci strappa quel traguardo tanto agognato quasi dalle mani, riconducendoci al punto di partenza.

Avere degli scopi nella vita è fondamentale: essi definiscono la linea dei nostri orizzonti e ci permettono di comprendere quale sia la giusta direzione da seguire. Ma per essere considerato tale, un obiettivo deve rispettare alcune caratteristiche. La PNL (Programmazione neuro linguistica) ci parla di “Obiettivo ben formato”, ovvero la capacità di prefigurarsi, in maniera quanto più specifica, le risorse necessarie e i passi da compiere per raggiungere la nostra meta in maniera concreta.

Dire a sé stessi “voglio essere felice”, non è un obiettivo ben formato. La felicità è sì una meravigliosa conquista ma, per sua natura, appare essere un concetto astratto, fuori dalla nostra portata, a meno che non iniziamo a strutturare, mentalmente e successivamente nella pratica, una serie di strategie che ci porteranno ad essere effettivamente felici.

“La felicità non è un obiettivo, è un effetto secondario di una vita ben vissuta”.

Eleanor Roosevelt

Da dove si inizia quindi?

Il primo step è avere consapevolezza delle proprie risorse personali. Possiamo dunque chiedere a noi stessi “cosa ho già per poter raggiungere il mio obiettivo?”. Stiliamo quindi un elenco, anche su carta (ricordiamo che scrivere potenzia la memoria e, indirettamente, rievocare quelle nostre competenze che abbiamo messo nero su bianco sarà molto più facile).

Ciò che distingue un semplice desiderio da un obiettivo ben formato è la specificità: il secondo step sarà quindi formularlo in maniera estremamente limpida e cristallina, con un’accezione positiva.

“Non voglio essere triste”, “non voglio più lavorare in quella azienda”, “non voglio più vivere in questa città”, non sono obiettivi ma sono, in tutto e per tutto, vie di fuga. Avere consapevolezza di ciò da cui si fugge può essere importante, ma non sapere dove andare, in quale direzione dirigersi, rende il tutto molto più ostico.

Il nostro inconscio, inoltre, non computa il negativo. Il “non”, il “no”, non vengono compresi dalla nostra parte più profonda. Ecco quindi che, se vogliamo avere dalla nostra tutte le energie che ci appartengono, un obiettivo dovrà essere quindi formulato in positivo.

Il terzo step consiste nel rendere il nostro scopo espresso in termini sensorialmente basati, ovvero deve essere verificabile concretamente. Cosa vuol dire nella pratica? L’astrazione, la vaghezza, l’approssimazione, non sono buone amiche. Un obiettivo deve essere concreto: nell’immaginare il suo raggiungimento io devo poter “sentirlo”, attraverso i 5 sensi, devo poter vedere con i miei occhi interiori l’averlo conquistato, devo poter ascoltare ad esempio le parole che dirò a me stesso, devo poter “toccare con mano” ciò che voglio ottenere. Se tutto questo è possibile allora sì, il mio obiettivo sarà stato formulato in termini sensorialmente basati, quindi concretamente.

“Voglio andare a vivere su Marte” non è un obiettivo concreto. Forse, in un futuro, perché no. Ma la troppa fantasia e l’astrazione altro non fanno che allontanare i nostri risultati.

“Voglio acquistare quella specifica auto, di quel colore, entro quella data”. Questo sì, è un buon obiettivo. Posso immaginarlo, posso ascoltare il suono del motore quando la accenderò, posso sentire il tocco delle mie dita sulla carrozzeria nuova. Concreto, vero, reale.

Quarto step, e non meno importante, consiste nel rendere l’obiettivo “sotto la responsabilità del soggetto”.

Cosa vuol dire? Per essere il più possibile raggiungibile, uno scopo deve poter dipendere esclusivamente da noi. Dare “potere” a qualcun altro, alle circostanze, alla fortuna, crea seri pericoli. Ciò che non possiamo controllare, direttamente, rischia di far crollare anche le nostre speranze. L’unico essere umano sul quale abbiamo il 100% di possibilità di azione siamo noi: cerchiamo di comprendere, quindi, come rendere un obiettivo dipendente solo e soltanto dalle nostre forze ed energie.

Quinto step, forse il più importante, è che l’obiettivo sia ecologico per il soggetto e per gli altri.

Cosa si intende per ecologico?

Il raggiungimento di una meta non deve danneggiare l’equilibrio psico-emotivo della persona, non deve comportare danni fisici né a sé né agli altri. Bisogna quindi rispettare il contesto psico-socio-relazionale nel quale si vive, inteso come il gruppo di pari, familiare, lavorativo e l’ambiente di appartenenza, così da rendere il tutto etico, accettato e quindi condiviso.

Altre utili domande che possiamo porci possono essere:

 ▪             Che cosa voglio ottenere? È ragionevolmente tra le mie possibilità?

▪              Quanto lo voglio veramente?

▪              Quali risorse già ho che potrebbero aiutarmi a raggiungere l’obiettivo?

▪              Cosa sto già facendo che va bene?

▪              Cosa devo smettere di fare?

▪              Cosa devo cominciare a fare?

▪              Vale la pena? Quali sono i pro e i contro?

“Fissare degli obiettivi è il primo passo per trasformare l’invisibile in visibile”.

Anthony Robbins