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Sculacciare i bambini rischia di creare futuri adulti ansiosi

Maggio 4, 2021 By Marco Magliozzi

Le punizioni corporali influenzano negativamente lo sviluppo del cervello del bambino.

Secondo uno studio dell’Università di Harvard, pubblicato sulla rivista scientifica Child Development, si è osservato che i bambini, le cui famiglie usavano punizioni corporali, hanno maggiori probabilità di sviluppare, da adulti, ansia, depressione, problematiche comportamentali o altri disagi legati alla propria salute mentale.

Grazie alla risonanza magnetica e all’osservazione di diverse immagini di attori che facevano espressioni più o meno paurose, è stata notata l’attività cerebrale del bimbo percosso: i risultati di questa ricerca, infatti, hanno evidenziato come schiaffi, sculacciate, punizioni corporee in genere, stimolino una risposta neurale nella corteccia pre-frontale del cervello, nello specifico nell’area adibita alle reazioni di fronte al pericolo. Questa zona dell’encefalo influenza il processo decisionale e reagisce a tutti quei segnali che tendono a individuare risposte a episodi come le minacce.

La reazione psicologica del bambino

Inoltre, molti altri ricercatori focalizzano l’attenzione soprattutto sulla reazione emotiva e psicologica che si innesca: se un bambino viene colpito da una figura di attaccamento, quale ad esempio la madre o il padre, entra nel caos! Questo perché, quella stessa persona che lo ha percosso, è la medesima che lui percepisce come “porto sicuro” e punto di riferimento amorevole e confortante. Il “cervello rettiliano” (adibito all’“attaco/fuga” e alla emozioni primarie di sopravvivenza) entra quindi in confusione, gira a vuoto, non riuscendo più a comprendere se la persona che lo ha colpito sia una minaccia o meno. Il rischio, inoltre, è che la reazione istintiva di attacco del bambino, intesa come risposta automatica allo schiaffo ricevuto, si proietti magari sul primo malcapitato, ad esempio il fratello o la sorella o un compagno di scuola. La reiterazione di tali meccanismi rischia di creare la convinzione che il comportamento violento è quindi accettabile, divenendo una delle opzioni che il bambino ha di agire.

Lo stato di disregolazione

Gli psicologi chiamano questo stato del bambino “disregolazione”. I neuroni formano connessioni che la corteccia cerebrale fatica a interpretare, così il cervello è “frustrato”, e si può dis-integrare. Questa dis-integrazione è il risultato dell’impossibilità di collegare informazioni così diverse riguardo una singola persona (il genitore). Il bambino non riesce a fare previsioni circa il comportamento della mamma o del papà, che a volte consolano e a volte puniscono con violenza.

Come conseguenza di ciò, il bambino rischia di strutturare dei comportamenti preferenziali e una tipologia di pensiero semplicistico. Ciò spiegherebbe i risultati di molti studi che mostrano come i bambini che vengono puniti fisicamente dai genitori avranno anche tipicamente un quoziente intellettivo più basso e peggiori risultati scolastici; avranno più possibilità di commettere crimini, soffrire di depressione, fare a botte, avere problemi di alcool e droghe.

Esprimere l’autorità genitoriale

Un genitore o qualsiasi figura di riferimento ha la necessità di esprimere la propria autorità. Questo è necessario al bambino per comprendere il concetto di “regola”, di “norma”, di cosa è giusto o sbagliato fare. E’ possibile, in ogni caso, educare il bambino anche e soprattutto attraverso il dialogo e gli esempi, piuttosto che con la violenza. La comunicazione assertiva può divenire un ottimo modo per esprimere autorità, senza provocare lividi.