La femminilità tossica rappresenta l’esasperazione dello stereotipo della donna appariscente, delicata e sensibile: vediamo insieme in cosa consiste.
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
Nello scorso articolo abbiamo parlato di mascolinità tossica, ovvero quella caratteristica propria di quegli uomini che tendono a esasperare i propri tratti maschili, fisici, psicologici, caratteriali ed emotivi.
Parliamo, quindi, di uomini che si costringono a essere perennemente prestanti, virili, sessualmente performanti, sicuri di sé, determinati, senza macchia e senza paura, anaffettivi, insensibili e convinti che il mondo giri attorno a loro e alle loro decisioni.
Tutto questo, come intuibile, è tutt’altro che sano, anzi, nel lungo termine potrebbe provocare danni sia all’uomo stesso sia a chi lo circonda, come ad esempio un partner.
Ma esiste anche una femminilità tossica? Esistono donne che tendono a esasperare il loro genere di appartenenza? Assolutamente sì. Vediamolo insieme.
La femminilità tossica
Per femminilità si intende un insieme di caratteristiche che si associano tendenzialmente a donne e ragazze, come ad esempio grazia, gentilezza, empatia, umiltà, sensibilità, senso dell’estetica, capacità di accudimento e determinati tratti fisici, come il seno.
Ovviamente, queste caratteristiche possono cambiare da cultura a cultura, ma per ciò che oggi ci interessa ci concentreremo su quella occidentale.
Cosa contraddistingue, quindi, una donna con una femminilità tossica?
- Usare la condizione dell’essere donna per ottenere agevolazioni e privilegi, anche a costo di creare un danno al prossimo;
- Esasperazione dei canoni di bellezza, ovvero focalizzarsi sull’apparenza a ogni costo, curando in maniera maniacale capelli, smalto, unghie, vestiti, peso, forme, eliminando qualsiasi imperfezione;
- Necessità di omologarsi a ideali preconfezionati di donna, spesso veicolati attraverso i media o i social;
- Effettuare continui paragoni con altre donne e sentirsi sempre al di sopra delle altre;
- Esasperare la propria sensibilità a proprio vantaggio, cercando di attirare le attenzioni in maniera strategica;
- Essere perennemente aggraziata e gentile, senza essere mai sgarbata, maleducata, sfacciata o volgare, poiché questo non si addice a una donna;
- Essere una buona madre/moglie/partner o una brava casalinga/cuoca, rispettando rigidi canoni familiari;
- Accettare che il proprio corpo venga “oggettificato”, così da ottenere vantaggi di varia natura, in coppia o lavorativi.
La femminilità stereotipata è decisa dagli uomini
Mascolinità e femminilità tossica condividono, molto spesso, la stessa origine: una società patriarcale.
Purtroppo, ancora oggi, in molti contesti sono gli uomini a decidere come una donna debba comportarsi, vestirsi, con chi uscire, cosa dire e se possa o meno affermarsi nella vita.
Tutto questo impone alla donna stessa di entrare nel circolo vizioso della femminilità tossica, ovvero l’esasperazione del proprio genere femminile, accentuando al massimo i propri tratti fisici, emotivi o caratteriali, pur di sentirsi accettata e compresa.
La femminilità tossica usata per fare strada nella vita
Alcune donne, seppur meno condizionate da un uomo o da un’educazione patriarcale, sviluppano comunque una forma di femminilità tossica. Come mai?
In questi casi, assistiamo a un utilizzo, per nulla sano, delle proprie caratteristiche femminili pur di ottenere dei vantaggi, che siano in un rapporto di coppia, di amicizia o in ambito lavorativo.
Sfruttare, ad esempio, la propria bellezza per ingentilire un uomo o renderlo più disponibile, non di certo in una maniera romantica e ingenua bensì mirata e strategica.
Vengono esasperati i propri tratti di sensibilità ed emotività così da attirare le attenzioni del prossimo e ingigantire problemi magari facilmente risolvibili, così da apparire, forzatamente, come la vittima da salvare e aiutare.
Si tende a “oggettificare” il proprio corpo, curandolo maniacalmente e presentandolo come biglietto di visita, in una maniera disfunzionale e patologica, alimentando la pericolosa convinzione “io sono il mio corpo”.
Questo, molto probabilmente, accade a causa di una bassa autostima e forte insicurezza, un rapporto disfunzionale vissuto con i genitori (principalmente il padre) o importanti traumi relazionali che hanno portato la donna a perdere sempre più l’attenzione verso il proprio mondo interiore, vissuto in maniera conflittuale e quindi rifiutato, e focalizzarsi, invece, sull’apparenza e sul cercare di ottenere vantaggi usando le “armi” che il proprio genere femminile offre in dotazione.
La femminilità tossica nei rapporti di coppia
Nei rapporti di coppia, questi tratti tossici della donna si esprimono in due diverse modalità, apparentemente contrapposte:
- Essere una brava madre/moglie/cuoca/casalinga: rispettare, rigidamente, un ruolo preconfezionato dalle aspettative culturali e maschili, abbandonando gradualmente i propri sogni pur di curarsi principalmente della propria famiglia;
- Divenire manipolatrice e strategica: usare il proprio corpo, femminilità, sensualità e charme per ottenere vantaggi dal proprio partner, in maniera però mirata e pratica, non di certo romantica o sentimentale.
Conseguenze della femminilità tossica
Una donna che, a lungo andare, mantiene attivi questi tratti rischia di soccombere a rigidi schemi culturali, identificandosi sempre più in ciò che appare, allontanandosi dalla sua vera essenza.
Queste persone perdono i propri sogni, desideri, obiettivi che vorrebbero raggiungere, convincendosi che per essere felici bisogna adattarsi a canoni preconfezionati.
Tutto ciò potrebbe anche provocare disturbi psicologici, quali ansia, insonnia, addirittura depressione.
Inoltre, quando ciò è utilizzato in maniera strategica, ad esempio per ottenere vantaggi dal prossimo, il rischio è che al primo fallimento si viva un trauma senza pari, una perdita di identità dell’esser donna e un accanimento patologico verso il proprio corpo, magari ricorrendo alla chirurgia plastica pur di avere una chance in più nel futuro.
Femminilità tossica e psicoterapia
L’appartenenza a un sesso biologico non dovrebbe essere un fattore predeterminante che modella l’identità di una persona.
Oggi, la rivendicazione della propria libertà si scontra purtroppo contro canoni di femminilità tossici, che distruggono ogni forma di evoluzione.
Che sia causata da un’educazione ricevuta o che sia una forma di risposta nei confronti delle difficoltà della vita, questo genere di approccio tossico rischia di generare davvero molte difficoltà, sia alla donna stessa sia a chi la circonda.
La consapevolezza, dunque, è il primo passo. Successivamente è possibile chiedere aiuto, magari anche a uno psicologo, per aumentare la propria autostima, senso di sicurezza, amore per sé stessi, scevro dall’apparenza e dal giudizio esterno.
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
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