Squid Game, serie tv Netflix di successo, è sotto la lente di ingrandimento di moltissimi genitori che ne hanno richiesto la censura e la cancellazione.
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo
Squid Game è una serie tv Netflix, di produzione sud coreana, che sta avendo un notevolissimo successo da un punto di vista di ascolti e, nello stesso tempo, un grandissimo risalto mediatico nella nostra comunità.
La serie racconta, in sintesi, la storia di un gruppo di individui che vengono rinchiusi in un luogo segreto e invitati a partecipare a un susseguirsi di sfide molto simili ai giochi per bambini, rispettando una semplice e cruda regola: chi viene eliminato, letteralmente muore. Questa caratteristica rende Squid Game un prodotto indubbiamente violento, sanguinolento e che tocca temi molto, molto delicati.
Ad oggi, in Italia, sono molte le segnalazioni di episodi che vedono protagonisti adolescenti e bambini che emulano i giochi presenti in Squid Game; episodi nei quali si è assistito, a volte, a punizioni fisiche, sfottò o, in generale, atti di bullizzazione.
A causa di ciò, la Fondazione Carolina – che da anni si occupa, in maniera egregia ed encomiabile, di dar vita a iniziative di prevenzione e sensibilizzazione sul tema della violenza in età preadolescenziale e scolastica – ha chiesto dunque di censurare la serie nel nostro Paese, preoccupata dall’influenza negativa che essa sta avendo sulla mente e sul comportamento dei più giovani.
La crisi della genitorialità e il pericolo del web
In qualità di psicologo, sono consapevole della preoccupazione, della paura o del dolore che indubbiamente stanno provando i genitori dei bambini coinvolti in questi episodi. Vedere il proprio figlio bullizzato, picchiato, deriso, a causa di un gioco e di un’emulazione di una serie televisiva, è qualcosa di orrendo e davvero fuori da ogni logica umana. Non è giusto, fa male.
Contemporaneamente, sento la necessità di dover sottolineare come la richiesta di censura sia, ahimè, la soluzione meno adatta per affrontare questa delicata situazione e, soprattutto, che questa iniziativa rischia davvero di distogliere l’attenzione dal vero problema.
Come affermato dalla stessa Fondazione Carolina, la volontà di cancellare la serie risponde infatti alla necessità di far fronte alla CRISI DELLA GENITORIALITA’.
Siamo tutti piuttosto consapevoli come, oggigiorno, gestire dei figli che sono costantemente bersagliati da messaggi social e immersi in un mondo web divenuto sempre più presente e invadente, stia diventando una sfida sempre più ardua.
Sui social sono presenti moltissimi contenuti ad alto contenuto violento, esplicito e sessuale, ai quali i ragazzi, anche molto piccoli, possono accedere con facilità. Tutte le piattaforme di streaming e i canali “tradizionali”, ogni giorno mettono a disposizione del proprio pubblico del materiale decisamente inadatto ai più piccoli: cartoni animati per adulti, fumetti, manga, film… per non parlare dell’immenso quantitativo di materiale pornografico facilmente reperibile grazie a una semplice ricerca su Google.
Ha dunque senso censurare Squid Game, quando i bambini hanno accesso in maniera incontrollata praticamente ad ogni contenuto disponibile sul web?
Censurare una serie tv, senza attuare alcuna iniziativa utile per educare i genitori a gestire al meglio i propri figli di fronte a tali difficoltà, sarebbe come nascondere la polvere sotto il tappeto. Non ha alcun senso, dunque, focalizzarsi su un singolo e specifico problema, ignorando il grave deficit che c’è alla radice: i grandi assenti sono i genitori.
Senza nessun controllo da parte degli adulti, la censura non ha alcun senso.
La censura come atto di deresponsabilizzazione
Fa sorridere, oggi, che il problema sia Squid Game e non il fatto che bambini ignari e inermi vengano lasciati a scorrazzare liberamente per la rete, incuranti di tutti i pericoli che vi si nascondono.
Come mai molti genitori lasciano i propri figli da soli, anche per molte ore o intere giornate, con uno smartphone in mano, a navigare nel web?
Come mai molti genitori non sono a conoscenza che alcuni social, come ad esempio TikTok, richiedono un’età minima (14 anni) per essere utilizzati, ma lasciano che i propri figli li usino senza alcuna supervisione?
La risposta è la seguente: vi è una grave mancanza di informazione, educazione digitale e consapevolezza.
Noi adulti non possiamo di certo pretendere che i bambini sappiano come utilizzare il web in maniera impeccabile: per definizione, da piccoli si è spinti da curiosità, incoscienza e spirito di scoperta. Non solo: ai bambini/adolescenti piace emulare, seguire le mode e tutto ciò che è socialmente condiviso; lo abbiamo fatto noi, da piccoli, e possiamo essere sicuri che lo faranno i nostri figli e i figli dei nostri figli. Fa parte della natura umana.
È facile dunque usare come prima strategia la richiesta della censura: è un modo per deresponsabilizzarsi, una soluzione radicale. Via la serie tv, via lo spirito emulativo, via il pericolo.
Ma dopo Squid Game, ci possiamo scommettere, usciranno altre decine e decine di prodotti che faranno scalpore mediatico, diventeranno un successo social, i cui contenuti verranno infine emulati nella vita reale dai nostri figli.
Vogliamo quindi vivere in una società pregna di censura e utilizzarla per risolvere qualsiasi nostra difficoltà?
Perché lo sappiamo, anche noi, che non c’è niente di più affascinante di tutto ciò che ci viene proibito.
Tra l’altro, pochi riflettono sul fatto che queste continue richieste di cancellazione e censura, altro non fanno che accendere i riflettori, ancor più luminosamente, su questo fenomeno, portandolo all’attenzione dei più piccoli, anche di quelli che magari fino a questo momento erano rimasti ignari.
L’unica soluzione è quella di lavorare sul problema alla radice, puntando tutto sulla formazione, e informazione, dei nostri bambini/ragazzi e dei genitori. Una formazione mirata all’utilizzo consapevole del web, dei social, della tecnologia in generale.
Consigli per i genitori
La Polizia di Stato Online, che si occupa di gestire giornalmente centinaia e centinaia di richieste di aiuto e di censura inerenti al mondo del web, ha pubblicato sul proprio sito un elenco di consigli da dare ai genitori che stanno vivendo un momento di difficoltà con i propri figli, legato al fenomeno “Squid Game”.
Come psicologo, non posso che condividere tali suggerimenti:
• Ricordate che la serie Squid Game è stata classificata come VM 14 ovvero vietata ad un pubblico di età inferiore a quella indicata. Questa limitazione indica che i suoi contenuti possono turbare i minori con intensità variabile a breve e lungo termine;
• Valutate se possa essere utile guardare la serie prima di esprimere assenso o dissenso alla visione dei vostri figli che hanno più di 14 anni: sarete più precisi e consapevoli di quali siano gli elementi critici su cui poggia la vostra decisione e potrete argomentarli in modo convincente ai vostri figli;
• Parlate in famiglia della serie, chiedete ai bambini/ragazzi cosa ne pensano in modo che, anche se non hanno il permesso di vederla, siano in grado di partecipare ad eventuali commenti e discussioni con i coetanei;
• Ricordate ai bambini/ragazzi che quanto rappresentato nelle serie è frutto di finzione e che la violenza non è mai un gioco a cui partecipare;
• Tenete sempre vivo il dialogo familiare sui temi dell’uso delle nuove tecnologie con i ragazzi: ponete loro domande e ascoltate come la pensano. I nativi digitali hanno una visione differente da quella degli adulti e può essere utile conoscere il loro punto di vista sui rischi e sui fenomeni emergenti;
• Se avete contezza che stanno circolando tra i bambini/ragazzi giochi violenti che imitano quelle ritratte nella serie, non esitate a segnalare la cosa a www.commissariatodips.it
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo